INTERVISTA BOTTA E RISPOSTA SU 23 ANNI DI CARRIERA IN PRIMA SQUADRA: STEFANO LOVERRO AI RAGGI X TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO

Loverro Stefano

Pochi giorni dopo l’ufficialità del suo addio al calcio giocato, che ha avuto una cassa di risonanza enorme tra giornali, social e trasmissioni televisive, vi proponiamo una nuova e inedita intervista al nostro Stefano Loverro.
Un’intervista diversa dal «solito», meno discorsiva e più sintetica, che si poggia su un botta e risposta tutto da leggere!
Buona condivisione e, come sempre, forza Monselice!

1. Qual è stato il compagno di squadra più forte che hai avuto? E quale, invece, l’avversario più difficile da marcare?
«Come compagni scelgo Sandro Zilio, Thomas Fig e Matteo Deinite: tre epoche diverse, ma tre grandissimi giocatori. Quanto agli avversari, pensando agli ultimi anni direi il Nicolò Galato che ci affrontò ai playoff con il Maserà: quando si rende conto delle qualità che possiede, è semplicemente incontenibile».
2. La vittoria più bella e la sconfitta più bruciante della carriera.
«Restringendo il cerchio al post-rinascita, direi sicuramente il 3-2 in rimonta a Scardovari. Emozioni incredibili, paragonabili solo allo spareggio di Sacile del 1998. Come sconfitte prendo quelle in finale-playoff con Solesinese e Chiampo, che ci hanno negato un’impresa straordinaria ad un passo dal traguardo»
3. Qual è stato il tuo gol biancorosso rimasto più nel cuore?
«Direi quello nel derby con La Rocca all’ultima giornata, che nel 2017 ci è valso il terzo posto in classifica e l’accesso diretto alla finale-playoff di Solesino».
4. La cornice di pubblico che non dimenticherai mai.
«Anche qui scelgo un derby con La Rocca: quello di dicembre 2016, vinto 4-0, che ci regalò il titolo di campioni d’inverno al primo anno di Prima Categoria».
5. La squadra avversaria più forte?
«Nessuna in particolare, almeno stando ai ricordi di ciò che ho vissuto dal campo. Per ampiezza e forza dell’organico, direi comunque il CastelbaldoMasi del campionato 2016/2017».
6. Qual è stato, nel Monselice post-rinascita, il colpo di mercato che ti ha più emozionato?
«Faccio due nomi: Marco Sadocco, sceso in Seconda Categoria da capitano della Thermal Abano in serie D, e Milo Marcato. Due giocatori diversi ma assolutamente unici. Un onore averli avuti al mio fianco».
7. Esiste un giocatore che ti sarebbe piaciuto avere come compagno ma che il Monselice non è mai riuscito a ingaggiare?
«Direi Alessio Fratti: un campione di categoria superiore, che contro di noi ha sempre fatto la differenza».
8. L’allenatore che ti è rimasto più nel cuore?
«Qui mi permetto di spendere qualche parola in più. Il primo ricordo va a Franco Pulin, che mi conosceva sin dal settore giovanile e mi ha fatto esordire in prima squadra. Con lui, proprio perché mi conosceva sin da ragazzino, avevo anche “confidenza”. Il primo allenatore di cui ho avuto un certo “timore” è stato Massimo Albiero, subentrato a Meneghini nell’anno della serie D: ex giocatore del Padova, lo ricordavo addirittura dall’album delle figurine, e mi ha subito destato un’ammirazione incredibile ritrovarmelo come mister. Proseguendo negli anni cito Andrea Bozza, forse il migliore in assoluto: nella sua prima esperienza al Monselice, nel 1999, probabilmente era ancora troppo giovane per una piazza come la nostra. Ma sei anni dopo, in Prima Categoria, si è rivelato un innovatore assoluto: ti sorprendeva sempre, sia negli allenamenti che in partita, e aveva una capacità incredibile di leggere la gara e di caricarti. Con le dovute proporzioni, lo definirei il Guardiola di quegli anni. In epoche più recenti, dico senz’altro Gianni Cappellacci e Luca Simonato. Con Gianni ho fatto solo un anno, ma ha dimostrato capacità tecniche assolute e grande preparazione. Anche Luca è uno dei migliori: l’ho scelto io e l’ho visto crescere e maturare. Considerando la nostra pluriennale amicizia, siamo stati molto bravi a gestire bene il rapporto dirigente-allenatore e giocatore-allenatore. Non era facile, né tanto meno scontato. E insieme abbiamo condiviso emozioni uniche».
9. La categoria più alta in cui hai militato in biancorosso è la serie D: scegli il ricordo più bello e il più brutto di quell’annata.
«Fare la serie D significa far parte del semiprofessionismo: ricordo i quattro allenamenti settimanali e la rifinitura del sabato mattina al Comunale. Impossibile dimenticare la striscia di nove partite utili consecutive, coincisa proprio con l’arrivo in panchina di Massimo Albiero: le feci tutte da titolare e in mezzo ci fu la trasferta di Adria (finì 1-1), la più bella dell’intera stagione, con un esodo di 500 monselicensi che occuparono tutta la tribuna. Peccato che quel lungo periodo di imbattibilità ci fruttò solo due vittorie e sette pareggi, perché la squadra avrebbe sicuramente meritato di più. Il ricordo più brutto? Sicuramente l’ultima giornata, che sancì la retrocessione in un clima quasi surreale: la sensazione dal campo era quella di una fiammella che si spegneva un po’ alla volta, in modo inesorabile. Al termine di quel campionato mi contattarono Chioggia e Rovigo, proponendomi di restare in D come fuori quota, ma io rimasi a Monselice in Eccellenza: arrivammo terzi ma proprio al termine del torneo scoppiò lo scandalo delle “ammonizioni truccate”, che di fatto fece svanire per sempre il sogno di tornare in serie D».
10. Hai mai pianto per il Monselice Calcio?
«Tre volte: dopo la sconfitta nel derby di coppa con La Rocca al primo anno di Prima Categoria, dopo la finale-playoff persa al Comunale con il Chiampo nel 2018 e il giorno dell’ufficialità del mio ritiro».
11. C’è stato un momento in cui, prima di oggi, hai pensato seriamente al ritiro?
«No, mai. Nemmeno quando ho deciso, a 39 anni, di operarmi per la quarta e ultima volta».
12. La rinascita del Monselice: qual è stata la molla decisiva che ti ha spinto a tuffarti in questa avventura?
«Dopo il fallimento del 2012, da tifoso mi ero sentito umiliato. Avevo paura che qualcun altro riportasse in vita la società e potesse commettere gli stessi errori. Per come la vedo io, da ogni fallimento nasce un’opportunità: e visto che nessuno si faceva avanti, l’ho colta io».
13. Se a Conselve, nel 2015, non fossimo saliti in Seconda Categoria, il progetto rischiava di saltare? O meglio, restare un’altra stagione in Terza Categoria avrebbe potuto cambiare la storia?
«No. Diciamo che avrebbe solo rallentato il percorso e, forse, smorzato l’entusiasmo che invece si è creato vincendo il primo campionato proprio in quel modo».
14. C’è stato un momento, dal 2014 ad oggi, in cui ti sei chiesto “ma chi me l’ha fatto fare”?
«Sì, più volte… Ma lo dico con il sorriso».
15. Hai mai pensato ad un futuro da allenatore?
«No, perché non sarei portato. Non mi ha mai affascinato la vita da mister».
16. Si è mai presentata, in questi ultimi anni, l’opportunità concreta di salire di categoria acquisendo un titolo sportivo da altre società?
«No, e non farà mai parte del mio DNA. In passato il Monselice ha già fatto questo percorso, visto che nel 2007 si era saliti in Promozione grazie al titolo del Due Carrare: sappiamo tutti cosa è successo pochi anni dopo. Le categorie si conquistano sul campo, con percorsi ben definiti e non improvvisati».
17. Le due sconfitte consecutive in finale-playoff del 2017 (Solesinese) e del 2018 (Chiampo): hai mai avuto paura di restare a vita in Prima Categoria?
«Per questo devo ringraziare Mattia e Renato, che con il loro ingresso in società hanno dato la spinta che mancava e che ci ha permesso di raggiungere quel traguardo che per due anni avevamo solo accarezzato».
18. Eccellenza, serie D, Lega Pro: dove ti piacerebbe portare il Monselice, da dirigente? Sarà possibile, un domani, rivivere i fasti dei mitici anni Settanta?
«Ora siamo in Promozione e preferisco guardare una categoria alla volta. Di mio, tuttavia, sono ambizioso: non posso negare che vorrei collezionare altri record con questi colori. Sette anni fa, durante la presentazione ai tifosi della squadra che avrebbe partecipato alla Terza Categoria, dissi che il mio sogno era riportare il Monselice in Promozione e giocarci. Oggi dico che il sogno sarebbe riportare la squadra in Lega Pro».