RIPRESA, FUTURO, CARRIERA E POSSIBILI «EREDI» BIANCOROSSI: INTERVISTA A TUTTO TONDO CON STEFANO LOVERRO

L’ormai lungo ed estenuante digiuno dal calcio giocato sta rendendo le settimane sempre più tristi e monotone. Ne abbiamo parlato con Stefano Loverro, capitano e direttore generale del Monselice, a cui dedichiamo un’intervista a tutto tondo sui temi di maggiore attualità. Buona lettura e, come sempre, forza vecchio cuore biancorosso!!!

Come andrà a finire questa tribolatissima stagione?
«Ad oggi è assai difficile fare una previsione su quelle che potranno essere le decisioni della Federazione. Se ne sentono di tutti i colori: alcune regioni bloccano tutto, altre vanno avanti, alcune categorie sembra che riprendano, altre no. A mio modo di vedere, sarebbe un controsenso incredibile far proseguire serie D ed Eccellenza e cancellare tutto dalla Promozione in giù. Al netto di ciò che verrà deciso, però, la cosa più preoccupante è che sta diventando “straordinario” ciò che fino ad un anno fa era assolutamente normale: andare ad allenarsi, giocare la domenica pomeriggio, stare tutti insieme in gruppo e condividere gioie e dolori dello spogliatoio. Adesso giocatori, dirigenti, tifosi e sportivi si stanno abituando a restare a casa: questa è una cosa molto grave, che smorzerà sempre di più la voglia di riprendere. Prima della pandemia non era un sacrificio giocare a calcio o andare ad allenarsi: ora, invece, qualsiasi cosa “in più” sembra fuori dal normale».
Qual è il tuo pensiero su un’ipotetica ripresa?
«Logicamente la mia speranza è che si riparta, ovviamente con le dovute garanzie in termini di controlli e di aiuti economici della Figc per l’esecuzione dei tamponi. Se invece si dovesse riprendere giusto per l’obbligo di farlo, ovvero senza retrocessioni e senza playoff, il campionato diventerebbe una farsa: molti farebbero giocare la juniores, risparmiando soldi e tanti saluti. Da parte nostra siamo pronti per una ripresa: continuiamo ad allenarci in campo una volta a settimana, facciamo una seduta di cross-fit in videochiamata di gruppo (ognuno a casa sua) con il preparatore atletico Massimo Gurian e un’ulteriore seduta individuale preparata dal mister».
A 40 anni, e da neopapà, stai pensando di smettere?
«Dipende da come finisce questa stagione. Dopo 23 anni di prima squadra, il minimo di “premio” che mi voglio concedere è un’ultima partita ufficiale al Comunale con la fascia di capitano al braccio e con il pubblico sugli spalti. Sarebbe bellissimo chiudere con una foto a fine partita con mia figlia in braccio davanti alla curva degli ultras: un ricordo che resterebbe indelebile nella mia testa e nel mio cuore. Se ci riuscirò già in questa stagione, allora valuterò se continuare o meno: altrimenti sarà per la prossima. Di certo non ho alcuna intenzione di chiudere la “carriera” senza aver disputato un’ultima gara con la fascia al braccio, nel nostro stadio e davanti alla nostra gente».
Tra gli attuali compagni di squadra, vedi un tuo possibile erede?
«Diciamo che il futuro capitano del Monselice raccoglierà un’eredità importante, visto che chi l’ha preceduto ha rifondato questa società. Portare la fascia non si limita alla foto della domenica: significa amore per la maglia, amore per la piazza, amore per la società e per i colori, tenere i rapporti con la piazza e saper ascoltare i tifosi, sia nel bene che soprattutto nel male. In quel caso è fondamentale metterci la faccia e fare da scudo ai compagni, perché la piazza di Monselice non è semplice da gestire quando le cose non vanno per il meglio. Qui da noi non è come nelle altre squadre: sono gli atteggiamenti e i valori a fare la differenza. In tal senso una persona che sto “osservando” con interesse è Francesco Menesello: è molto diverso da me, visto il carattere schivo e introverso, ma è pur sempre un giovane di 22 anni che sta dimostrando un attaccamento incredibile. È un ragazzo serio, che ci tiene: un ragazzo estremamente umile, che ha sempre accettato consigli e rimproveri e che non ha mai detto una parola fuori posto. In più è di Monselice, cosa che reputo fondamentale per chi indossa la fascia: conosce la piazza e la storia, sente e vive il “termometro” dei tifosi. Sta pure facendo il mio stesso percorso, perché oltre a fare bene in prima squadra è anche allenatore del settore giovanile. Se oggi dovessi puntare su qualcuno, sarebbe senz’altro lui».