DRIBBLING, FANTASIA E TANTA QUALITÀ AL SERVIZIO DELLA SQUADRA: «DIECI DOMANDE A...» NICOLÒ GALATO

A Monselice tutti lo conoscevano già come l’imprendibile funambolo che, ai playoff di due anni fa, ci aveva fatto vedere le streghe con la maglia del Maserà. Il suo approdo in biancorosso è stato il primo tassello della campagna acquisti della scorsa estate: il «colpo da novanta» con cui i nuovi soci Renato Comparini e Mattia Mazzon si sono presentati alla calda piazza monselicense.
La nuova puntata della rubrica «Dieci domande a…» è dedicata al fantasista Nicolò Galato, classe 1991, che si racconta a tutto tondo in un botta e risposta davvero ricco di contenuti.
Buona lettura!


1. Sei stato il colpo più importante dell’ultimo mercato estivo: cosa ricordi della trattativa? Hai qualche aneddoto suggestivo o, magari, qualche episodio particolare che ti ha spinto a dire sì?
«Ricordo ogni cosa come fosse ieri. La chiamata di Love, quella di Mattia, l’incontro con Renato al Comunale: non vedeva l’ora di avere la mia parola, era già pronto a fare la foto con la maglia ancora prima che io dicessi sì. Ricordo pure la telefonata del mister, che quel giorno non poteva essere presente perché tornava da Pescara. L’impegno della società e la percezione che ho avuto del desiderio di fare qualcosa di importante in una piazza come questa non potevano che farmi accettare».
2. Cosa ti eri immaginato della realtà Monselice prima di metterci piede? Che sensazioni ti hanno dato i primissimi contatti con la piazza?
«Avevo avuto l’opportunità di incrociare il Monselice da avversario già negli anni dell’Eccellenza, per poi affrontarlo di nuovo in Prima Categoria. Mi ero subito reso conto che in Veneto di piazze così ce ne sono poche. Soprattutto nella famosa semifinale-playoff di due anni fa con il Maserà: più di 900 spettatori in Prima Categoria. Pazzesco. Quest’anno si è subito creato un grandissimo entusiasmo intorno alla squadra: ricordo persino un gruppo di tifosi che, ad agosto, era salito a Brentonico di sabato per venirci a trovare in ritiro. La società ci ha dato tutto ciò che un giocatore dilettante può desiderare, i tifosi ci hanno sempre seguito ovunque: aver tenuto alto l’entusiasmo grazie ai risultati delle prime partite è stato determinante».
3. Hai sempre avuto un rapporto speciale con mister Simonato, tanto che dopo ogni tuo gol sei sempre andato di corsa ad abbracciarlo. Cosa ci puoi dire di questa intesa?
«Premetto che di gol non ne ho fatti tanti, quindi il mister è in credito di abbracci… Con lui mi sono trovato molto bene sin dall’inizio: me ne avevano sempre parlato bene come allenatore, e lo è altrettanto come persona. Vive per il calcio, è maniacale in ciò che ci insegna e devo ammettere che quest’anno ho imparato veramente tante cose. Con le buone ma anche con le cattive, quando era necessario. Anche se non mi ha fatto più battere un calcio d’angolo, si è esposto molto per farmi venire a Monselice: e quando mi sono infortunato, mi ha aiutato tantissimo a rientrare. Di questo gli sarò sempre grato».
4. Com’è il mondo Monselice visto da dentro? Cosa c’è di tanto speciale e diverso rispetto agli altri club?
«È una realtà diversa da qualsiasi altra società in cui sono stato. Pur essendo in Prima Categoria, giochi in uno stadio che ha visto i professionisti. A Brentonico Mario Boetto ci ha consegnato due volumi sulla storia del Monselice e ho anche il libro scritto da Matteo Lunardi: non so se esistono altre società che si possono vantare di tutto questo. Al Comunale si respira calcio vero: la sera degli ottavi di coppa contro il Grisignano sembrava veramente un piccolo stadio inglese. Chissà come sarebbe stato in semifinale…»
5. Parlaci del tuo rapporto con i tifosi: cosa si prova a giocare ogni domenica, in casa e in trasferta, davanti ad un pubblico del genere?
«Qui c’è veramente la cultura del tifo, i ragazzi della curva sono incredibili. Chi va in campo ha un dovere morale nei confronti di tutte quelle persone che sacrificano la domenica per venire a Loreo invece di andare al mare, o che magari prendono mezza giornata di ferie per seguirci a Carmignano di Brenta il mercoledì alle 14.30. Renderli orgogliosi è veramente il minimo. Sentire i cori in bar nel post-partita quando festeggiano con noi è una delle cose più belle, perché ti fa capire che pur essendo in Prima Categoria la nostra prestazione fa cambiare l’umore della loro domenica».
6. Qual è la cornice di pubblico più straordinaria che ricordi? In quale partita questo supporto è stato più determinante per il raggiungimento del risultato?
«Citare la semifinale-playoff di due anni è quasi scontato, ma quella volta l’ho vissuta da avversario. Quest’anno purtroppo mi sono perso una delle partite più belle ed esaltanti, il derby con La Rocca, e non me ne darò mai pace. Ricordo tuttavia due partite esterne con una cornice da altre categorie: i sedicesimi di coppa a Rovigo e il big-match di campionato a Bagnoli. Due gare in due stadi molto belli e strapieni di nostri tifosi: in entrambi i casi, questo ha sicuramente influito sul risultato finale».
7. Qual è stata la vittoria più esaltante della stagione? E qual è stato il momento più bello?
«Fortunatamente ce ne sono state tante. In primis direi il passaggio del turno di coppa a Rovigo: vincere ai rigori è stato qualcosa di eccezionale, perché eravamo stati messi sotto da una squadra molto forte. Siamo stati bravi a reggere l’urto, con Naio che in porta ha fatto cose incredibili. Credo però che la più esaltante in assoluto, per vari motivi, resti la prima giornata di campionato a Solesino. Love ci aveva fatto capire che non era una partita qualunque per chi, nel 2017, aveva perso la finale-playoff: per di più era la prima di campionato e loro volevano riscattare la sconfitta in coppa. Abbiamo giocato una partita straordinaria, contro una compagine molto forte e su un campo difficile, e abbiamo meritato la vittoria, pur se arrivata all’ultimo secondo e grazie ad un’autorete. Il boato della curva al gol del 3-2 me lo ricorderò per sempre».
8. C’è un compagno di squadra che ti ha maggiormente colpito per qualità, talento o attaccamento ai colori e alla maglia?
«Credo che in una squadra come la nostra, dove il gruppo viene sempre al primo posto, sia difficile sceglierne uno. Nel caso, comunque, faccio il nome di Giorgio Bizzaro, mio vicino di spogliatoio: anche se non ha mai avuto occasione di scendere in campo, si è sempre impegnato al massimo ed è sempre pronto a stare in gruppo e fare gruppo. Quanto ai rigori parati di cui ogni tanto parla, non credo sia proprio questa la verità… Ma gli lascio volentieri il beneficio del dubbio! Poi ci sono altri compagni come Mene e Volto che non posso non menzionare: il primo è un ’98 ma sembra giocare da più anni di me, ha grosse qualità e tanto tempo per migliorarle ulteriormente. Quanto a Volto, è veramente disposto a tutto per il Monselice e penso stia facendo i novanta minuti anche in questo periodo».
9. Stagione 2019/2020: come andrà a finire e qual è il tuo pensiero?
«La salute viene logicamente prima di ogni altra cosa e concludere l’annata a mesi di distanza, e dopo tutto quello che è successo, sarebbe stato davvero difficile, sia dal punto di vista fisico che soprattutto mentale. È un grosso peccato, per noi doppio, perché ci stavamo preparando a vivere le partite più importanti: quelle che il Monselice aspetta da un po’ di anni. La semifinale di coppa sarebbe stata speciale: personalmente non l’ho mai giocata, così come tanti miei compagni, e per di più avrei affrontato due miei ex compagni come Stefano Tono e Giovanni Edel. Spero vivamente che venga riconosciuto quanto abbiamo fatto fin dal 12 agosto, perché l’eventuale annullamento della stagione sarebbe una clamorosa ingiustizia. Quanto alle ipotetiche graduatorie di ripescaggio, guardando i nostri risultati in campionato e coppa penso ci sia poco da aggiungere. Staremo a vedere, sperando ovviamente di tornare a giocare al più presto e in piena sicurezza».
10. Riassumi in poche righe cosa significa essere un giocatore del Monselice e quali emozioni regala indossare la maglia biancorossa.
«È una sensazione unica, che non si può capire finché non ci sei dentro. Gli ACDC durante il riscaldamento al Comunale, i cori a fine gara sotto la curva, il post-partita con i tifosi. È qualcosa di indescrivibile ed è una cosa di cui ti innamori, soprattutto se rapportata a giocatori dilettanti come noi».