IL PORTIERE VOLANTE, TRA MIRACOLI ALL'INCROCIO E RIGORI PARATI: «DIECI DOMANDE A...» NICOLA SIMONATO

Nuova puntata della rubrica «Dieci domande a…»: oggi è il turno di Nicola Simonato, il nostro mitico «Naio», portiere classe 1983 fratello di mister Luca.
In un colpo solo è riuscito a realizzare due sogni: giocare nella squadra allenata da suo fratello e vincere a Monselice da «profeta in patria».
Ecco quanto emerso dal botta e risposta. Buona lettura!

1. Cosa ricordi del tuo trasferimento al Monselice? Aneddoti, curiosità, particolari della trattativa.
«Ricordo una chiacchierata con Renato Comparini e Mattia Mazzon, che mi dissero “Se andiamo a casa tua, non puoi non venire”. Poi c’è stata la trattativa vera e propria con loro due e con Stefano Loverro: quando ci siamo stretti la mano, mi è venuto il magone… E in quel momento mi sono detto: a Monselice io ci vado, ma ci vado per vincere».
2. Chiudere la carriera nella squadra allenata da tuo fratello è sempre stato il tuo sogno: ora che l’hai realizzato, saresti pronto a tuffarti in una nuova sfida biancorossa in Promozione?
«Il mio sogno era proprio questo, chiudere con Luca in panchina. Logicamente le sfide in biancorosso hanno un sapore completamente diverso da tutte le altre. Quanto all’eventuale nuova avventura in Promozione, bisognerà prima di tutto capire se la società vorrà confermarmi».
3. Come vivi, da giocatore, il fatto di essere allenato da tuo fratello? Quale ritieni sia, da mister, il suo più grande pregio?
«Ci siamo sempre detti che all’interno dello spogliatoio e di quel rettangolo verde il nostro rapporto non sarebbe stato quello di due fratelli. E così è stato. Il più grande pregio di Luca è il suo essere pignolo, sia in tutti gli allenamenti che nel preparare le partite».
4. La vittoria più bella e il momento più esaltante della stagione.
«Come vittoria scelgo senza dubbio il derby: lì vivi Monselice a 360 gradi. Come momento più esaltante, invece, direi la qualificazione in semifinale di coppa conquistata di mercoledì pomeriggio a Carmignano di Brenta».
5. Qual è stata la parata più difficile? Descrivila con le emozioni e i ricordi che la accompagnano.
«Quella da distanza ravvicinata fatta a Rovigo, in coppa: in quel momento mi sono detto che sarebbe stata la nostra serata. Vedere quella cornice di pubblico che si chiedeva “come ha fatto?” è stato qualcosa di incredibile. E pensare che me lo sto chiedendo tuttora anch’io…».
6. Rovigo-Monselice di Coppa Veneto, rigore di Carlo Segato: cosa ricordi di quegli indimenticabili secondi?
«Ricordo che il mister mi chiese se me la sentivo di calciare il nostro rigore successivo e io gli risposi di no: dissi così perché ero sicurissimo di parare quel tiro. Non dimenticherò mai il delirio degli ultras e nemmeno la corsa di Renato, che continuava a gridare “Me lo avevi promesso!!!”. Nel giro di pochi secondi sono stato travolto dai compagni: emozioni uniche, che porterò sempre nel cuore».
7. Qual è il compagno di squadra che ti ha maggiormente emozionato? E quali sono gli avversari più forti che hai affrontato?
«Ne cito uno che merita il massimo rispetto per l’impegno e la professionalità che mette in ogni singolo allenamento: parlo del mio collega Giorgio Bizzaro, che pur non avendo mai giocato ha sempre dimostrato grande serietà e massimo attaccamento al gruppo e a questi colori. Come avversari dico Davide Carrieri della Fiessese, che pur non avendo segnato tantissimo regge un reparto da solo, e Davide Bersan della Bassa Padovana, un portiere che ha sempre fatto parlare di sé per le grandissime parate».
8. Hai vissuto da vicino i momenti-chiave della rinascita del Monselice: eri in curva con i tifosi sia nella finale-playoff del 2017 con la Solesinese sia in quella dell’anno dopo con il Chiampo. Cosa significa aver difeso quella porta proprio nell’anno del probabile ritorno in Promozione?
«Vivere da spettatore partite del genere è bellissimo, ma difendere la porta in un’annata così non ha prezzo. Avevo fatto una promessa a diverse persone che vivono per questi colori: quella di dare il massimo per non sfigurare nella mia città e per andare in Promozione con questa squadra. A Monselice sono passati portieri fortissimi, che resteranno per sempre nel cuore della gente: spero di lasciare anch’io qualcosa di importante».
9. Cosa si prova a giocare ogni domenica davanti ad una tifoseria del genere?
«È impossibile non dare il cento per cento per gli ultras. Sono l’uomo in più ogni domenica e sai che devi giocare anche per loro, perché non ti lasciano mai solo. È una tifoseria che merita altre categorie: mi permetto di dedicare una fetta di questa magnifica stagione a tutti loro, per ringraziarli dei sacrifici che hanno fatto ogni domenica pur di rimanerci vicini».
10. Riassumi in poche righe cosa significa essere un giocatore del Monselice e indossare una maglia così gloriosa e importante.
«La maglia biancorossa pesa solo a guardarla. Indossarla ti fa venire i brividi e difenderla in campo è un onore pazzesco. Monselice è unica e inimitabile».