IL GUERRIERO BIANCOROSSO CHE NON MOLLA MAI E VUOLE VINCERE SEMPRE: «DIECI DOMANDE A...» LULI KUCOVA

Prosegue il viaggio della nostra rubrica «Dieci domande a…» e oggi è il turno di Luli Kucova, classe 1982, indomito guerriero del reparto arretrato biancorosso.
Anche in questo caso ne è uscito un botta e risposta tutto da leggere, ricco di passaggi emozionanti.
Forza vecchio cuore biancorosso!

1. Cosa ricordi del tuo trasferimento a Monselice? Aneddoti, suggestioni, curiosità particolari di quei giorni.
«Ricordo tutto come fosse ieri. La prima telefonata di Love, che ha dato il “nulla osta” alla società; quella di Mattia, che mi diceva continuamente che c’erano grosse ambizioni; e infine quella di Renato, che mi ha garantito che avrebbe costruito qualcosa di importante come effettivamente è stato. L’incontro con Renato, poi, è stato qualcosa di pazzesco: dopo due minuti l’ho mandato a quel paese con una battuta, e lui tuttora mi ricorda sempre che in così poco tempo nessuno lo aveva mai fatto. Ovviamente era solo una battuta: proprio come quella secondo cui io sarei stato la “ciliegina sulla torta”, a cui io risposi “casomai la ciliegiona”. Nutro grande rispetto per Renato e lo ringrazierò sempre: quest’anno, in un momento difficile per la mia famiglia, mi è stato vicinissimo. Lo stesso incontro con il mister, proprio quella sera, è stato incredibile: sono bastate le sue prime parole per caricarmi a mille in questa nuova avventura».
2. Cosa conoscevi della realtà Monselice prima di entrare a farne parte? Cosa ti ha stupito maggiormente?
«Avevo affrontato il Monselice da avversario, giocarci contro due anni fa con il Maserà è stato pazzesco: sfide ad altissimo ritmo e con tanta qualità, davanti ad una cornice di pubblico di ben altre categorie. Ho ammirato una tifoseria a dir poco straordinaria, anche se da avversario avevano un po’ esagerato nei miei confronti: in ogni caso lo capisco, perché il mio modo di giocare innervosisce il pubblico rivale. A stupirmi maggiormente, comunque, erano stati i ragazzi in campo: non avevano mai mollato, nemmeno per un secondo, proprio come piace a me».
3. Scegli la vittoria più bella e il momento più esaltante della stagione.
«Mi sento di citare tre partite. La prima è senz’altro la vittoria ai rigori in coppa a Rovigo, con un super Naio Simonato: per fortuna ha parato l’ultimo rigore, perché dopo toccava a me calciare e con ogni probabilità avremmo perso la partita. La seconda, sempre in coppa, è quella con il Grisignano: sempre di mercoledì sera, con un Comunale che sembrava uno stadio di serie D. Ho la pelle d’oca anche adesso a ricordarlo. La terza è il derby con La Rocca, vinto soffrendo e grazie ad un’indicazione del mister in spogliatoio: è stata una domenica incredibile, con dei festeggiamenti post-partita da panico».
4. Qual è il compagno di squadra che ti ha regalato più emozioni? E quali sono gli avversari più forti che hai incontrato?
«In rosa abbiamo tanti giocatori che non hanno nulla a che vedere con la Prima Categoria e di nomi ne farei tanti. Uno su tutti Matteo Deinite, un vero fuoriclasse: in qualche partitina di allenamento ci siamo persino beccati, ma sono cose normali per due ragazzi che vogliono vincere sempre, anche in allenamento. Come avversario dico invece il Rovigo: squadra organizzata, mister Pizzo strapreparato e rosa di enorme qualità».
5. Cosa c’è di così speciale nella realtà Monselice che rende questa piazza così diversa e così straordinaria rispetto alle altre?
«Da dentro è una sensazione difficile da descrivere. Organizzazione, società sempre presente, tifoseria eccezionale, la gente di Monselice che mi salutava quando mi vedeva. Una realtà che consiglio a tutti di provare almeno una volta».
6. Cosa si prova a giocare ogni domenica, in casa e in trasferta, davanti ad una tifoseria del genere?
«I tifosi del Monselice sono veramente il dodicesimo uomo in campo. Vedendo loro che non mollano mai, tu in campo devi dare l’anima senza risparmiarti. Meravigliosi».
7. Stagione 2019/2020: indipendentemente da come andrà a finire, ti resterà qualche rimpianto?
«Forse solo il rimpianto di non essere venuto prima a Monselice. Squadra, staff tecnico, società, tifoseria: tutto perfetto. Se potessi tornare indietro, farei altre mille volte la stessa scelta. Personalmente credo che nella vita non si debba mai avere rimpianti, ma solo godersi ciò che si ha. E io ho dei compagni fantastici, dei mister da applausi, una società e una tifoseria che hanno dimostrato di volermi un gran bene».
8. I tifosi ti hanno amato sin dal primo momento per il tuo carisma in campo e per il tuo grande attaccamento alla maglia: cosa senti di aver dato a questo gruppo e a questa avventura?
«Sono felicissimo di tutti i ragazzi della curva, di come ci hanno sempre incitato e di come mi spronavano ogni volta a caricare i compagni. Spero di aver trasmesso cose positive: su tutte la voglia di vincere e di onorare la maglia, sempre e comunque».
9. Ad inizio stagione avevi detto che ti sarebbe piaciuto chiudere la carriera con una vittoria di prestigio: ora ti piacerebbe ripartire per una nuova sfida biancorossa anche in Promozione?
«Credo sia la domanda più difficile in questo momento. Conosco molto bene la Promozione, l’ho fatta per diversi anni: è una categoria stranissima, dove non vince mai la squadra migliore ma la più cinica. Non mi sono mai tirato indietro davanti alle sfide, e questa sarebbe una supersfida. Dire “no” al Monselice, se la dirigenza dovesse rendermi partecipe del nuovo progetto, è quasi impossibile: questa cosa, tuttavia, non dipende solo da me. Se la scelta fosse esclusivamente mia, sarebbe sicuramente “sì”. La Promozione richiede l’inserimento obbligatorio dei fuori quota: dovranno essere almeno sette, visto che in campo bisogna schierarne sempre tre. Il gruppo attuale, comunque, è assolutamente preparato e strutturato per il salto di categoria: sono tutti ragazzi da Promozione, e alla maggior parte di loro va pure stretta. Su questo ci metto la firma».
10. Riassumi in poche righe cosa significa essere un giocatore del Monselice e che emozioni si provano sulla pelle.
«È una piazza unica in queste categorie. Il lavoro degli attori principali e di coloro che stanno dietro alle quinte è fondamentale in tutta questa crescita, che quest’anno a mio parere è stata esponenziale. Vedere quel muro biancorosso che tifa per te è adrenalina allo stato puro. Quando indossi questa maglia, sulla pelle ti resta per sempre una cicatrice biancorossa. Il Monselice avrà sempre un posto speciale nel mio cuore e spero che anche i tifosi biancorossi possano provare lo stesso per me. Per sempre forza Monselice!».